Cos’è il Congedo di maternità?
Il congedo di maternità è il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza e il puerperio.
In presenza di determinate condizioni che impediscono alla madre di beneficiare del congedo, l’astensione dal lavoro spetta al padre (congedo di paternità). Il diritto al congedo e alla relativa indennità sono previsti anche in caso di adozione o affidamento di minori.
A chi è rivolto?
Il congedo di maternità spetta a:
- lavoratrici dipendenti assicurate all’INPS anche per la maternità, comprese le lavoratrici assicurate ex IPSEMA;
- apprendiste, operaie, impiegate, dirigenti con un rapporto di lavoro in corso all’inizio del congedo;
- disoccupate o sospese, secondo quanto previsto dall’articolo 24 del T.U.;
- lavoratrici agricole a tempo indeterminato o determinato che, nell’anno di inizio del congedo, siano in possesso della qualità di bracciante con iscrizione negli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giornate di lavoro agricolo (articolo 63 del T.U.);
- lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti), secondo quanto previsto dall’articolo 62 del T.U.;
- lavoratrici a domicilio (articolo 61 del T.U.);
- lavoratrici LSU o APU (attività socialmente utili o di pubblica utilità dell’articolo 65 del T.U.);
- lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS e non pensionate, tenute però a versare il contributo con l’aliquota maggiorata prevista dalla legge per finanziare le prestazioni economiche di maternità. Le libere professioniste iscritte alla gestione separata Inps non hanno obbligo di astensione; tuttavia la permanenza al lavoro comporta la perditadel diritto all’indennità di maternità;
- lavoratrici autonome, secondo quanto previsto dagli articoli 66 e seguenti del Testo Unico maternità/paternità (T.U.) contenuto nel decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. Sono comprese: artigiane, commercianti, coltivatrici dirette, colone, mezzadre, imprenditrici agricole professionali, pescatrici autonome della piccola pesca marittima e delle acque interne, iscritte alla gestione dell’INPS in base all’attività. Le lavoratrici autonome hanno diritto alla sola indennità di maternità (non al congedo) in quanto per accedere alla tutela non hanno l’obbligo di astensione dall’attività lavorativa, pertanto alcune delle tutele sotto riportate non si applicano a questa categoria lavorativa.
Non spetta alle lavoratrici dipendenti da Amministrazioni pubbliche (incluse le lavoratrici dipendenti ex INPDAP ed ENPALS) le quali sono tenute agli adempimenti previsti dagli articoli 2 e 57 del T.U.
Come funziona il congedo di maternità e paternità?
DECORRENZA E DURATA
Secondo quanto previsto dagli articoli 16 e seguenti del T.U., il congedo di maternità inizia due mesi prima la data presunta del parto (salvo flessibilità) e comprende il giorno del parto. Il periodo di astensione può superare i due mesi (interdizione anticipata) su disposizione dall’Azienda sanitaria locale, se la gravidanza è a rischio o per decisione della direzione territoriale del lavoro, se le mansioni sono incompatibili con la gravidanza.
Dopo il parto il congedo dura:
- tre mesi (salvo flessibilità) e, in caso di parto avvenuto dopo la data presunta, i giorni compresi tra la data presunta ed effettiva;
- tre mesi più i giorni non goduti, se il parto è anticipato rispetto alla data presunta (parto prematuro o precoce). Questo anche nel caso in cui la somma dei tre mesi successivi al parto e dei giorni compresi tra la data effettiva e quella presunta del parto supera il limite di cinque mesi;
- l’intero periodo di interdizione prorogata disposto dalla direzione territoriale del lavoro (per mansioni incompatibili con il puerperio).
In caso di parto gemellare la durata del congedo di maternità non varia.
Se il neonato è ricoverato in una struttura, pubblica o privata, la madre può sospendere, anche parzialmente, il congedo successivo al parto (articolo 16 bis, comma 1 del T.U.) e riprendere l’attività lavorativa. La madre usufruirà del periodo di congedo residuo a partire dalle dimissioni del bambino. Questo diritto può essere esercitato una sola volta per ogni figlio, solo se le condizioni di salute della madre sono compatibili con la ripresa dell’attività lavorativa (articolo 16 bis, comma 2 del T.U.) e accertate da attestazione medica.
In caso di interruzione di gravidanza dopo 180 giorni dall’inizio della gestazione o di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, la lavoratrice – dipendente o iscritta alla gestione autonoma – può astenersi dal lavoro per l’intero periodo di congedo di maternità, tranne se rinuncia alla facoltà di riprendere l’attività lavorativa (articolo 16, comma 1 bis del T.U., modificato dal decreto legislativo 119/2011).
Secondo quanto previsto dalla legge 184/1983, per l’adozione o l’affidamento nazionale di minore, il congedo di maternità spetta per cinque mesi a partire dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato prima dell’adozione.
Per le adozioni o gli affidamenti preadottivi internazionali, il congedo spetta per cinque mesi a partire dall’ingresso in Italia del minore adottato o affidato, con il periodo di congedo che può essere fruito, anche parzialmente, prima dell’ingresso in Italia del minore. Se l’affidamento non è preadottivo, il congedo spetta per tre mesi, anche frazionato su cinque mesi, a partire dall’affidamento del minore.
Anche in caso di adozione o affidamento, è prevista la sospensione del periodo di congedo di maternità per il ricovero del minore, sempre che sia stata ripresa l’attività lavorativa (articolo 26, comma 6 bis).
Per ulteriori approfondimenti si può consultare la circolare INPS 4 febbraio 2008 n. 16 che attua l’articolo 26 del T.U.
Il congedo di paternità (regolato dagli articoli 28 e seguenti del T.U.) è riconosciuto quando si verificano eventi che riguardano la madre del bambino e spetta in caso di:
- morte o grave infermità della madre. La morte si attesta con la compilazione online della dichiarazione di responsabilità. La certificazione sanitaria di grave infermità va presentata in busta chiusa al centro medico legale dell’INPS, allo sportello o a mezzo raccomandata;
- abbandono del figlio o mancato riconoscimento del neonato da parte della madre, da attestare con la compilazione online della dichiarazione di responsabilità;
- affidamento esclusivo del figlio al padre (articolo 155 bis del codice civile), da comprovare, allegando alla domanda, copia del provvedimento giudiziario che dispone l’affidamento esclusivo, oppure comunicando gli estremi del provvedimento giudiziario e il tribunale che lo ha emesso;
- rinuncia totale o parziale della madre lavoratrice al congedo di maternità al quale ha diritto nel caso di adozione o affidamento di minori. La rinuncia si attesta con la compilazione online della dichiarazione di responsabilità.
Il congedo di paternità, che decorre dalla data in cui si verifica uno degli eventi sopra elencati, dura quanto il periodo di congedo di maternità non fruito dalla madre lavoratrice, anche se lavoratrice autonoma con diritto all’indennità prevista dall’articolo 66 del T.U. Se la madre è non lavoratrice, il congedo di paternità termina dopo tre mesi dal parto.
In caso di ricovero del bambino in una struttura ospedaliera, il congedo di paternità può essere sospeso, anche parzialmente, fino alle dimissioni del bambino.
Per i padri, la legge 28 giugno 2012, n.92, ha inoltre introdotto in via sperimentale per il triennio 2013-2015 misure a sostegno della genitorialità che sono state prorogate anche per l’anno 2016 dalla legge 208/2015 (legge di stabilità per il 2016).
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Il congedo obbligatorio è previsto per il padre lavoratore dipendente entro cinque mesi di vita del bambino, contemporaneamente o anche dopo il congedo di maternità della madre lavoratrice. Il congedo del padre è un diritto autonomo e può quindi essere indipendente e aggiuntivo a quello della madre, oltre a essere riconosciuto anche al padre che fruisce del congedo di paternità ai sensi dell’articolo 26 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n.151.
Ai padri lavoratori dipendenti spettano un giorno di congedo obbligatorio per il parto, l’adozione o affidamenti avvenuti entro il 31 dicembre 2015 e due giorni, anche non continuativi, per tutto il 2016.
Il congedo facoltativo del padre di uno o due giorni, anche continuativi, è invece condizionato alla scelta della madre lavoratrice di non fruire di altrettanti giorni di congedo maternità. I giorni fruiti dal padre anticipano quindi il termine del congedo successivo al parto della madre.
Il congedo facoltativo è fruibile anche contemporaneamente all’astensione della madre e deve essere esercitato entro cinque mesi dalla nascita del figlio, indipendentemente dalla fine del periodo di astensione obbligatoria della madre con rinuncia di uno o due giorni. Infine, il congedo spetta anche se la madre, pur avendone diritto, rinuncia al congedo di maternità.
Per quanto riguarda i padri lavoratori dipendenti da Amministrazioni pubbliche, il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha chiarito che il Ministro per la pubblica amministrazione dovrà approvare una norma che individui e definisca gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina.
QUANTO SPETTA
Durante i periodi di congedo di maternità (o paternità) la lavoratrice (o il lavoratore) ha diritto a percepire un’indennità pari all’80% della retribuzione giornaliera calcolata sulla base dell’ultimo periodo di paga precedente l’inizio del congedo di maternità quindi, solitamente, l’ultimo mese di lavoro precedente il mese di inizio del congedo (articoli 22 e seguenti del T.U.). Se il reddito deriva da attività libero professionale o di collaborazione coordinata e continuativa parasubordinata, l’indennità di congedo è pari all’80% di 1/365 del reddito.
Per i giorni di congedo obbligatorio e facoltativo, il padre lavoratore dipendente ha diritto a un’indennità giornaliera, a carico dell’INPS, al 100% della retribuzione. Al trattamento normativo e previdenziale si applicano le disposizioni previste in materia di congedo di paternità dagli articoli 29 e 30 del decreto legislativo n. 151 del 2001.
L’indennità è anticipata in busta paga dal datore di lavoro, anche per le lavoratrici assicurate ex IPSEMA dipendenti da datori di lavoro che hanno scelto il pagamento con il metodo dei conguaglio CA2G (circolare INPS 23 ottobre 2015 n. 173).
È, invece, pagata direttamente dall’INPS con bonifico postale o accredito su conto corrente bancario o postale a:
- lavoratrici stagionali;
- operaie agricole (salva la facoltà di anticipazione dell’indennità, da parte del datore di lavoro, in favore delle operaie agricole a tempo indeterminato);
- lavoratrici dello spettacolo saltuarie o a termine;
- lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti);
- lavoratrici disoccupate o sospese;
- lavoratrici assicurate ex IPSEMA dipendenti da datori di lavoro che non hanno scelto il pagamento delle indennità con il metodo del conguaglio CA2G (circolare INPS 23 ottobre 2015 n. 173).
L’indennità di congedo obbligatorio e facoltativo è anticipata dal datore di lavoro e successivamente conguagliata, tranne se è previsto il pagamento diretto dall’INPS come per l’indennità di maternità (messaggio 13 luglio 2010 n.18529 e messaggio 18 novembre 2010 n. 28997).
Durante il periodo di assenza obbligatoria dal lavoro la lavoratrice inscritta alla gestione separata INPS ha diritto all’indennità in sostituzione del compenso.
I periodi di permanenza all’estero, seguiti da un provvedimento di adozione o affidamento validi in Italia, sono indennizzati a titolo di congedo di maternità.
DECADENZA
Il diritto all’indennità si prescrive entro un anno e decorre dal giorno successivo alla fine del congedo di maternità (o paternità). Per evitare la perdita del diritto è necessario che la lavoratrice o il lavoratore presentino all’INPS (prima dello scadere dell’anno) istanze scritte di data certa, dirette a ottenere il pagamento della indennità. Gli atti interruttivi della prescrizione possono essere effettuati tramite PEC o spediti con raccomandata con ricevuta di ritorno.